sabato 31 ottobre 2009

Vita di Galileo.

La rappresentazione di questa opera è la seconda alla quale ho assistito, la prima nel 2000 mi ha appassionato veramente, l'attenzione del regista ruotava intorno alla figura dello scienziato, al rapporto tra scienza e potere politico ed economico in una società in cui l'egemonia del capitale profetizzato dalle teorie marxiste ha lasciato il posto al regime tecnocratico della società post-moderna.
Ho pensato agli "imperativi istituzionali" che costituivano per Merton l'ethos della scienza moderna: universalismo, comunismo (communality), disinteresse e dubbio sistematico.
Mi sono appassionata per il carisma e la forza della rappresentazione di Rigillo.
La Vita di Galileo interpretata da Branciaroli mi ha catturato per le capacità interpretative, per l'efficacia della comunicazione verbale e fisica, di un corpo che si esprime animando ogni parte del sè, dalle dita delle mani, le braccia le rughe del viso e che si intreccia sul palco ad altri corpi in posizioni plastiche solide e dinamiche che accosto nella mia mente alle sculture del Bernini della Galleria Borghese.
Liberare i corpi dagli stereotipi di fissità della moderma comunicazione è fondamentale oggi non solo per il corpo femminile ma anche per quello maschile per riattribuire ai suoi movimenti la giusta soggettività e dignità comunicativa ed espressiva.
Ma questo è un'altro discorso...

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